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Ti trovi in: Nuova ricerca > Blog > Riscaldamento centralizzato o autonomo. Regole per il distacco dall'impianto.

Recentemente ho acquistato un appartamento in una località di villeggiatura in montagna, in cui l’impianto di riscaldamento è centralizzato. Considerato che io utilizzo l’immobile solo in maniera saltuaria, ho deciso di chiedere il distacco della mia proprietà dall’impianto comune. Come devo procedere nei confronti del condominio?

A tale riguardo occorre preliminarmente osservare che l’impianto centrale di riscaldamento è normalmente progettato, dimensionato e costruito in funzione dei complessivi volumi interni dell’edificio, cui deve assicurare un equilibrio termico di base.
Il passaggio di alcune unità abitative ad un impianto di riscaldamento autonomo comporta, ovviamente, il distacco delle diramazioni di tali unità dall’impianto centralizzato.
Orbene, tale distacco deve ritenersi vietato qualora incida negativamente sulla destinazione obiettiva della cosa comune, ovvero determini “uno squilibrio termico che può essere eliminato solo con un aggravio delle spese di esercizio e conservazione per i condomini che continuano a servirsi dell’impianto centralizzato” (Cass. N. 4023 del 1996).

Il distacco è invece consentito quando è autorizzato da una norma del regolamento di condominio o dall’unanimità dei partecipanti alla comunione oppure quando “il condomino interessato provi che da questo deriverà un’effettiva proporzionale riduzione delle spese di esercizio e non si verificherà uno squilibrio in pregiudizio del regolare funzionamento dell’impianto centrale” (Cass. N. 1597 del 1995).
A titolo esemplificativo, dunque, può dirsi che, se le spese relative all’uso dell’impianto ammontano a 100 e 4 sono i condomini con uguali quote, il distacco di due condomini sarà legittimo soltanto qualora le spese di esercizio si riducano da 100 a 50. Ulteriore requisito richiesto è che l’impianto non subisca, in conseguenza del distacco, uno squilibrio che lo danneggi, ovvero è necessario che questo, costruito per servire 4 appartamenti, ne possa servire un numero inferiore senza subire alcun pregiudizio.
Anche nell’ipotesi in cui il distacco è consentito, peraltro, il passaggio all’impianto di riscaldamento autonomo delle unità abitative interessate deve essere autorizzato dall’assemblea condominiale con le maggioranze di cui all’art. 1136, comma 5, c.c. – ovvero con la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio -, in quanto il distacco delle derivazioni dall’impianto principale è da considerarsi “innovazione” ai sensi dell’art. 1120 c.c..
Strettamente connessa a quanto sopra esposto è poi la problematica relativa al concorso alle spese di esercizio, manutenzione e conservazione dell’impianto centralizzato da parte di coloro che abbiano distaccato il proprio impianto di riscaldamento da quello comune.
L’art. 1118, secondo comma, c.c. prevede che il condomino non può, rinunziando al proprio diritto sulle parti comuni dell’edificio, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione.
Parte della giurisprudenza, applicando estensivamente la suddetta disposizione legislativa, ha statuito che “il singolo condomino non può sottrarsi all’obbligo di concorrere, secondo la ripartizione risultante dalla tabelle millesimali, alle spese di erogazione del servizio centralizzato di riscaldamento distaccando la propria porzione immobiliare dal relativo impianto senza che rilevi in contrario la L. 29 maggio 1982, n. 308, sul contenimento dei consumi energetici” (Cass. N. 4278 del 1994).

Viceversa un orientamento giurisprudenziale più recente è dell’avviso che “autorizzato dall’assemblea dei condomini il distacco delle diramazioni di alcune unità immobiliari dall’impianto centrale di riscaldamento – sulla base della valutazione che dal distacco sarebbe derivata un’effettiva riduzione delle spese di esercizio e, per contro, non sarebbe stato determinato uno squilibrio in pregiudizio del regolare funzionamento dell’impianto – e venuta meno la possibilità che i medesimi locali fruiscano del riscaldamento, i proprietari di queste unità abitative non devono ritenersi tenuti a contribuire alle spese per un servizio che nei confronti dei loro immobili non viene prestato” (Cass. N. 129 del 1999 e N. 1597 del 1995).
Secondo il mio parere – suffragato da alcune decisioni della Suprema Corte di Cassazione, v. per es. sentenza n. 10214 del 20/11/96 – occorre distinguere tra spese necessarie alla conservazione del bene comune e spese relative all’uso del bene stesso.

Le prime devono essere sostenute da tutti i condomini in rapporto al valore della proprietà individuale; le spese necessarie per l’utilizzazione, viceversa, sono ripartite in proporzione all’uso e all’utilità che ciascun condomino può trarne. I condomini che si distaccano dall’impianto centralizzato sono, quindi, sempre obbligati per le spese di conservazione, essendo sempre questi comproprietari dell’impianto, mentre ben possono essere esonerati dalle spese di gestione dell’impianto (gasolio, etc.).

Nel momento in cui la Sua decisione di distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento diventerà definitiva, Le consiglio dunque di rivolgersi ad un tecnico abilitato che possa dichiarare in un’apposita relazione la piena idoneità dell’impianto in questione a funzionare regolarmente, senza pregiudizio alcuno per gli altri condomini, anche a seguito del distacco del Suo appartamento. Dopodiché dovrà informare l’amministratore della Sua decisione, affinché egli ponga la questione all’ordine del giorno della prossima assemblea condominiale, allegando già, ove in suo possesso, la relazione tecnica suddetta alla lettera di convocazione degli altri condomini. Ciò non sarà necessario se una clausola del regolamento condominiale autorizza già i singoli condomini a procedere al distacco.

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